Le persistenti restrizioni dovute all’emergenza sanitaria mondiale generata dal coronavirus impattano notevolmente sulla vita economica e sociale. Ad ogni nuovo annuncio di chiusure più o meno prolungate e di lock down, si genera uno stato di incertezza diffuso che spinge il singolo consumatore a prendere letteralmente d’assalto i centri commerciali e i supermercati per approvvigionamento. Anche se i supermercati e gli esercizi che vendono beni di prima necessità restano aperti, il timore di rimanere senza scorte comporta un incremento degli acquisti di generi alimentari e in particolare dei formaggi.
Gli effetti sugli acquisti quando si prevedono chiusure generalizzate
Oltre alle disposizioni nazionali, vi sono ordinanze locali – regionali o comunali – che tendono ad inasprire ulteriormente le restrizioni costringendo la grande distribuzione e gli esercizi commerciali di generi alimentari e di prima necessità a chiudere in determinati giorni e circostanze per evitare qualsiasi forma di circolazione delle persone con lo scopo di ridurre o annullare i contagi. L’effetto che si genera è un incremento del flusso di gente per fare scorte a medio e lungo termine. Generalmente gli acquisti alimentari si concentrano su prodotti a lunga conservazione (come il latte e i formaggi stagionati) o che permettono la preparazione di ricette casalinghe (farina, uova, burro, olio, salse, zuppe). Gli esercenti – dopo quasi due anni – sono pronti a gestire queste ondate di acquisti massicci e a predisporre i dispositivi necessari all’igienizzazione dei locali, dei clienti e dei lavoratori (con costi collaterali, rispetto alla norma).
Non si escludono difficoltà di approvvigionamento soprattutto per i prodotti freschi, dalle ricotte alle mozzarelle, dalla verdura alla frutta, soprattutto quando l’afflusso è notevole e preventivato con poco anticipo rispetto all’emissione di un’ordinanza.
In prossimità delle festività o di ricorrenze particolari, si genera sempre un incremento “naturale” di afflusso e conseguentemente un aumento delle richieste ai fornitori, i quali percepiscono ancor più fortemente l’andamento altalenante degli ordinativi in periodi di emergenza sanitaria, soprattutto i produttori di prodotti caseari che sono “limitati” alla quantità della materia prima prodotta stagionalmente dagli animali. Il rischio di sovrapproduzione o di sottoproduzione è sempre presente, per cui occorre reinventare anche le modalità di produzione e di consegna del prodotto direttamente al consumatore – talvolta bypassando gli intermediari.
Quali sono i prodotti più acquistati
In periodi di crisi sanitaria, il bene alimentare “rifugio” per eccellenza è la farina che nel biennio 2019-2020 ha incrementato le vendite del 139%. Le abitudini alimentari casalinghe degli italiani si sono modificate, prediligendo la preparazione dei cibi in casa, ma anche scelte alimentari più salutari e attente. Subito dopo la farina, le uova registrano un incremento del 66%: si rispolverano le ricette tradizionali della pasta all’uovo fatta in casa, torte e biscotti. Ma il vero balzo in avanti è stato fatto dai formaggi. Il record di vendite riguarda il mascarpone che in un solo anno ha registrato un +187% delle vendite: è un alimento versatile che si presta come base per numerose ricette dolci e salate, la più famosa è il tiramisù. E subito dopo il mascarpone, un’altra ottima performance in termini di incrementi delle vendite è segnata dal burro che per la prima volta in Italia supera persino l’olio di oliva extravergine con un +72%, fino a poco tempo fa considerato un nemico della dieta mediterranea, il burro si è riconquistato un’ampia fetta di mercato ed è stato anche rivalutato sul piano dei benefici alla salute e all’apporto proteico all’interno di una dieta sana ed equilibrata.
Relativamente alle singole regioni, il Trentino Alto Adige è quello che registra il maggior numero di vendite online soprattutto di prodotti del territorio e di prossimità, tra cui salumi e formaggi di cui il Trentino abbonda.