Mitologia e storia del formaggio: da Omero ad Aristotele e Virgilio

Il formaggio è un alimento la cui nascita risale all’antichità, al principio dei tempi con la nascita della cultura pastorizia. Tra mito e realtà, il formaggio entra nella tradizione gastronomica dell’uomo fin dalla notte dei tempi, talmente oscura da non riuscire a identificare il punto di partenza, ma sono numerosi gli indizi storici, archeologici e letterari che ne testimoniano la presenza, se non la nascita.

Quando nasce il formaggio

Le storie riguardo la nascita del formaggio sono diverse, due in particolare trovano origine nella mitologia. Si narra di un mercante arabo che durante l’attraversata nel deserto, trasportando con sé del latte all’interno di un otre di pelle di pecora, produsse inconsapevolmente la prima “forma” di formaggio prodottasi tra il caldo, l’oscillazione della bisaccia e gli enzimi all’interno dell’otre di pecora come fosse caglio. Il lungo viaggio ha favorito l’acidificazione e la coagulazione del latte trasformandolo in formaggio. La mitologia greca, invece, attribuisce la nascita del formaggio quale nutrimento delle divinità alle ninfe di Ermes che insegnarono ad Aristeo – figlio di Apollo – protettore del bestiame e dell’agricoltura, l’arte della pastorizia e della produzione del formaggio, acconsentendo alla distribuzione di questo cibo anche ai mortali. 

 È proprio guardando alla cultura antica greco-romana, si possono rintracciare i primi riferimenti storici alla nascita del formaggio: Omero ne dà testimonianza con le sue opere letterarie descrivendo minuziosamente nell’Odissea come Polifemo, il ciclope e pastore, trasformasse il latte delle sue pecore in squisito formaggio, cibo delle divinità Zeus, nutrito e cresciuto con il latte e i formaggi della capra Amaltea. Aristotele ne parla nel suo trattato di “Storia degli animali” del IV sec. a.C. in cui descrive il processo di coagulazione del latte con l’aggiunta di lattice di fico e fiori di cardo e il caglio ricavato dallo stomaco di agnelli e capretti. Ippocrate celebra gli effetti terapeutici del formaggio, descrivendolo come un cibo da somministrare a chi è sottoposto a grande sforzo e fatica come i legionari e gli atleti. Virgilio attesta che i legionari ne consumavano 27 g. al giorno per ridurre la fatica, così come gli atleti arricchivano il prodotto con olio di oliva, farina, frutta e miele per ricavare le energie necessarie per affrontare le impegnative prove atletiche.

Ma il documento più antico in cui si trova testimonianza della lavorazione del latte è un antico Fregio sumero risalente al III millennio a.C. in cui si rappresenta una latteria con i sacerdoti – abili caseari – intenti nella mungitura. I romani furono i primi ad attribuirsi il merito di produrre formaggi dal latte vaccino, ritenuto nocivo fino ad allora e ai quali aggiungevano zafferano e aceto per la cagliata; sempre ai romani è da attribuire la tecnica della pressatura per accelerare il processo di stagionatura. La produzione del formaggio ha sempre accompagnato la storia dell’uomo, fino ai giorni nostri con periodi di alti e bassi, come nel Medioevo, in cui si riteneva che il formaggio in grandi dosi nuocesse alla salute, anche se poi fu rivalutato come “cibo dei poveri” e pietanza sostitutiva della carne nei periodi di astinenza, al punto che proprio nei monasteri di tutta Europa si diede un grande impulso alla produzione casearia con tecniche e prodotti caseari che vengono consumati ancora oggi e che hanno la loro origine proprio all’epoca medioevale.

Origini dell’arte casearia

Gli elementi alla base della produzione casearia sono pochi ed essenziali: il latte, il caglio, il calore e il sale. In base ai ritrovamenti archeologici, gli studiosi ritengono che tartari, tibetani e persiani furono i primi a strutturare un processo produttivo caseario, ma non vi sono documenti che ne attestino la veridicità. Pertanto, il fregio sumero resta la prima prova saliente dell’esistenza di una pratica casearia. 

Intorno al 5.000 a.C., in Italia si diffuse l’allevamento di pecore e capre, mentre fonti archeologiche permettono di attribuire all’anno 2800 a.C. l’inizio della produzione dei formaggi a pasta molle. Lo stesso termine “formaggio” deriva dal greco antico formos con il quale si indicava il paniere di vimini in cui si riponeva il latte cagliato per contenerlo e dargli una forma; dal greco, deriva poi il termine latino “forma” e da qui tutte le varianti e le evoluzioni linguistiche che ne seguirono. La necessità di mantenere le proprietà nutritive del latte degli animali il più a lungo possibile stimolarono l’ingegno dell’uomo primitivo con l’aggiunta di un pizzico di casualità che consentirono la scoperta e la messa a punto della cagliata per la produzione del formaggio. La cagliata vegetale nell’arte casearia risale agli etruschi che addizionavano il latte con rametti e succo di fico, zafferano, aceto o carciofi, una “trovata” che i romani perfezionarono facendo della caseificazione una vera e propria “industria”, al punto da produrre formaggi per il consumo locale e per l’“esportazione” nell’impero. Con l’abilità casearia dei romani, il formaggio entra anche nella cultura gastronomica con preparazioni culinarie già raffinate e di gran gusto.

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