Il latte e i suoi derivati, soprattutto i formaggi, sono stati per anni banditi da tutte le linee guida dietetiche e nutrizionali perché principali responsabili dell’obesità e di una serie di patologie cardiovascolari serie, nonché il diabete. La motivazione scientifica è comprovata dal fatto che i grassi saturi – soprattutto quelli presenti nei latticini e nelle sottilette – non sono salutari e andrebbero eliminati e sostituiti con alimenti a basso contenuto di grassi in genere. Recenti studi, però, stanno rivalutando le proprietà nutritive dei formaggi e il loro benefico apporto alla salute con un consumo corretto.
La ricerca dell’American Journal of Clinical Nutrition
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Uno studio pubblicato già nel 2018 dall’American Journal of Clinical Ntrition ha evidenziato che non vi è alcuna correlazione tra il consumo regolare di formaggi, latte e altre tipologie di prodotti lattiero-caseari con il rischio di infarto, ictus e alle patologie cardiovascolari e neurologiche letali.
Lo studio è stato condotto su un campione di 3000 adulti under 65 e senza malattie cardiovascolari che è stato monitorato per oltre 20 anni, controllando regolarmente la loro condizione di salute a 6 anni dall’inizio della ricerca, poi 13 e infine 22 anni. La responsabile della ricerca è Marcia Otto della School of Public Health presso l’università del Texas. Ciò che emerge è che le persone che in questi anni di ricerca hanno consumato cibi derivati dal latte – riscontrato nelle concentrazioni di acidi grassi all’esame del sangue – non hanno evidenziato né complicazioni né maggiori probabilità di incorrere in problemi di salute rispetto alle persone del campione che non consumavano alcun prodotto a base di latte e derivati.
La ricerca, dunque, conforta la tesi in base alla quale il grasso del latte non aumenta il rischio di malattie o di mortalità. In questi termini, gustare un buon gelato, un formaggio o bere una tazza di latte intero non dovrebbero generare sensi di colpa se assunti in modo corretto, soprattutto perché si tratta di alimenti spesso correlati alla tradizione gastronomica e culturale di un paese, radicati nelle abitudini alimentari di molte persone che farebbero fatica a rinunciarvi
Uno dei punti di forza della ricerca è proprio la misurazione degli acidi grassi presenti nel sangue – un dato oggettivo – e l’aver misurato questo marker ripetutamente nel tempo e non solo all’inizio della ricerca; questo metodo fornisce precisione e puntualità nei risultati, oltre che un ampio margine di affidabilità. Non mancano, però, i punti deboli.
I punti deboli dello studio sulla salubrità dei grassi saturi del latte
Il punto di forza dello studio statunitense è anche il suo limite, infatti, ricerche come questa – condotte sul lungo periodo – si chiamano studi prospettici ciò significa che sebbene vi sia stato un monitoraggio costante nel tempo di un determinato aspetto di indagine, dall’altra parte non si è controllata la quantità effettiva di latte e derivati ingeriti e non si sono misurati i valori, bensì si è lasciato liberi i partecipanti allo studio di continuare con le proprie abitudini alimentari.
In genere, gli studi prospettici sono ideali per misurare o osservare il comportamento nel tempo relativamente a sostanze che si accumulano negli anni e nei decenni e sono utili per analizzare ciò che accade nella vita reale delle persone al di fuori di un laboratorio controllato; ma proprio questo approccio non è in grado di mettere in diretta relazione causale due elementi di analisi, in questo caso il mangiare cibi con grassi saturi e l’infarto. Lo studio, quindi, non è in grado di smentire in via definitiva che l’assunzione di cibi grassi non danneggia la salute. Ciò che lo studio dimostra è che i cibi tradizionalmente ricchi di grassi e ad alto contenuto di colesterolo come il burro, le uova e la carne rossa hanno una serie di benefici che alimenti a basso contenuto di grassi non apportano; inoltre, la tendenza a sostituire i cibi grassi con quelli ad alto contenuto di carboidrati comporta inevitabilmente lo squilibrio nei livelli di zucchero e insulina nel sangue che comportano oggettivamente la comparsa del diabete e delle malattie cardiache.
In realtà, nessun alimento danneggia la salute, ma il cibo – abbinato a tante altre cose – può innescare meccanismi non salutari e in ogni caso è il corpo stesso che determina quali sono i cibi che lo rendono più performante ed energico: non servono le ricerche per avere il permesso di mangiare ciò che piace e fa potenzialmente bene al corpo.